Siamo spesso portati a vedere nel legno un materiale facilmente degradabile, ma con i giusti accorgimenti una struttura in legno potrà durare anche per secoli
La durabilità delle strutture in legno è un tema annoso e divisivo. Questa problematica, che è strettamente attinente allo studio della fisica tecnica del materiale, scade spesso nell’agone di due opposte tifoserie ben riconducibili ad interessi di parte. Per quanto ci riguarda siamo certi che nessuna esasperazione possa rendere un buon servizio al comparto legno, né tanto meno possa giovare agli utenti. La crescente sensibilità verso l’utilizzo di materiali naturali ha riservato alle strutture in legno una buona posizione nel mercato immobiliare. Il legno, rispetto a tutti gli altri materiali da costruzione è una risorsa rinnovabile e può vantare ottime prestazioni, sia meccaniche, che fisiche, coniugando la leggerezza ad un’ineguagliabile impronta ecologica. Come ogni materiale naturale il legno è soggetto all’intero ciclo che va dalla sua autonoma generazione al completo riassorbimento nella natura che lo ha creato; la seconda parte di questo percorso prende il nome di degrado.
La natura stessa ha conferito al legno caratteristiche per le quali all’apice del processo di crescita esso sia (e possa conservarsi) sostanza integra, costituente un serbatoio sicuro e duraturo del carbonio prelevato dall’atmosfera, condizione, questa, alla base della nostra stessa vita sul pianeta. Da quel momento la materia legno può seguire due strade: il processo di degrado, che si verifica solo in presenza di determinate e concomitanti condizioni, ed il processo di conservazione, attivabile dall’uomo, attraverso un uso cosciente e responsabile. È per questi motivi che nella progettazione di strutture in legno risulta fondamentale la conoscenza delle caratteristiche chimico-fisiche della materia, mentre non è sufficiente, ai fini della durabilità, il solo corretto dimensionamento della struttura, che di per sé è deputato alla sicurezza delle opere come definito dalla normativa vigente e non è, pertanto, idoneo a garantire le legittime aspettative del committente in termini di mantenimento e longevità. I problemi legati alla durabilità del legno sono spesso, ma non esclusivamente, legati alla protezione da agenti atmosferici come sole, acqua ed umidità. Il progetto dell’edificio dovrà quindi prevedere soluzioni atte ad evitare il contatto tra questi agenti ed il legno e/o a permettere sempre ed in qualsiasi punto un adeguato equilibrio termo-igrometrico, tale che sia con certezza scongiurato ogni attacco fungino, primo innesco di ogni patologia del materiale.
La normativa in materia, a nostro avviso, non è sufficientemente stringente, ragion per cui, gli stessi protocolli volontari, ai quali anche noi abbiamo scelto di aderire, non dispongono di tutta la forza che sarebbe invece necessaria affinché l’obbiettivo del progetto e la scelta delle attenzioni costruttive non si limitassero alla sola riduzione di questi rischi ma ne garantissero, invece, la loro eliminazione. Oggi che è possibile centrare questo obbiettivo attraverso “semplici” provvedimenti costruttivi, sarebbe poco coerente che questa nuova edilizia, che annuncia mirabili soluzioni architettoniche e tende a livelli prestazionali di così alto profilo, si limitasse alla semplice adozione di elementi di protezione del legno o all’utilizzo delle specie legnose più resistenti o ancora a procedure basate su trattamenti protettivi a base chimica. È importante ricordare che il legno non si degrada per il passare del tempo, ma sempre sotto l’azione di agenti esterni. Se installato nella giusta modalità e mantenuto alle giuste condizioni, il legno è senza dubbio un materiale estremamente durevole. Certamente non possiamo immaginare vivere in ambienti quali erano le tombe dei Faraoni, dove i sarcofaghi in legno si sono conservati per oltre 4000 anni, e le nostre abitazioni avranno condizioni ambientali senz’altro diverse dai templi sacri giapponesi che contano oltre 1300 anni. Possiamo però mutuare, da quelle esperienze, consapevolezza e cultura; disponiamo inoltre di tecnologia e tecniche idonee ad attualizzare quelle conoscenze, dobbiamo solo avere la volontà e la forza di farlo.
Un’edilizia responsabile può inserirsi nel più ampio panorama di un’economia circolare solo se non si limita al “semplice” uso di risorse rinnovabili, ma se essa stessa si rinnova e risponde ad un criterio generale del rispetto di tutte le risorse e, tra queste, non ultime vanno annoverate anche le risorse economiche, frutto del lavoro e dei sacrifici di uomini e donne, e dunque degne di un impiego durevole e sicuro.